E’ sorprendente pensare che la produzione letteraria di uno dei più straordinari scrittori del secolo scorso si concentri in appena dieci anni: questo il tempo che passa tra le sue prime opere, scritte quando conquista scrivendo fino a tre lettere al giorno il cuore di Felice Bauer, alla morte, che sopraggiunge per le conseguenze dell’aggravamento della tubercolosi.
Sempre insoddisfatto, poco convinto del proprio valore come scrittore, dobbiamo la pubblicazione delle sue opere all’amico Max Brod, che rifiuta di eseguire le ultime volontà di Franz Kafka, che gli aveva chiesto di bruciare tutti i suoi scritti, e li dà invece alle stampe.
In questi dieci anni ci sono lunghe pause di inattività, come quando, probabilmente sconvolto dal suo capolavoro, “Il processo”, smette di scrivere finché, un paio di anni dopo, ad una lettura pubblica di “Nella colonia penale” che riscuote scarso successo, riceve i complimenti del grande poeta Rainer Maria Rilke.
Nelle sue opere la separazione tra realtà e finzione trova il suo superamento nella dimensione dell’incubo, che caratterizza tutta la sua opera. Così ci identifichiamo nell’uomo di campagna in “Davanti alla legge”. Ci poniamo grandi domande, ma tutto quello che riusciamo a conoscere davvero sono piccolezze, come quelle pulci, del tutto insignificanti, sul sollo di pelliccia del primo guardiano; ed è inutile sperare che tramite esse si giunga alle grandi risposte che vorremmo. Eppure il compito dell’uomo è quello di andare, ostinatamente, oltre le apparenze, oltre le risposte facili.