4 aprile 1984. Esattamente 40 anni prima di questa conferenza. Winston Smith, il protagonista di 1984, scrive la data sulla carta di un taccuino, e tenere questo diario personale sarà il suo gesto più rivoluzionario.
Il Grande Fratello ha creato la neolingua, perché se non si può esprimere il proprio pensiero se non in un unico modo, se non si può segnare la differenza tra l’individuo e la massa il controllo è davvero totale. Così anche solo il gesto di tracciare sulla carta una data (perfino le date sono incerte nella distopia, c’è un’approssimazione di un paio d’anni) diventa un’affermazione dell’individuo, un qualche cosa che lo distingue dagli altri, che lo fa essere, almeno per un attimo, unico: esattamente ciò che si vuole evitare.
Si parte da qui, con Davide Brullo, per un magnifico viaggio nella letteratura. Orwell sceglie una vita da eremita alle Ebridi, un paesaggio grigio, una terra avara da coltivare per procurarsi ciò che gli serve per vivere. E’ malato, sa di avere i giorni contati, ma ha bisogno di isolarsi per scrivere il suo capolavoro, il libro più incisivo del secolo: non il più bello, perché a Orwell non interessa lo stile, ma il più incisivo.
Ritroviamo dunque la letteratura, e ancora sopra di essa la poesia. Il poeta, la più fragile delle creature, è quella capace di mettere in crisi anche il sistema più efferato.
Così eviteremo che si avveri la terribile profezia di George Orwell: “L’auspicio era che nel 2050 la neolingua potesse sostituire l’archelingua, ovvero l’attuale lingua standard”, obiettivo per il quale nel romanzo al Ministero della Verità i burocrati non si limitano a riscrivere la storia giorno per giorno, ma anche a tradurre i classici della letteratura in neolingua.